L’amore è amore: “Festival lecite/visioni – storie di amori lgbt” al Teatro Filodrammatici di Milano
direzione artistica Mario Cervio Gualersi 27 novembre / 01 dicembre 2019
Quando otto anni fa è iniziata l’avventura di lecite/visioni, la rassegna di drammaturgia LGBTQIA promossa dal Teatro Filodrammatici, sentivamo doveroso aprire uno spazio dedicato a quei lavori che non trovavano ospitalità nei cartelloni delle stagioni a causa della loro “scomoda” tematica, auspicando che la situazione potesse evolvere nel futuro prossimo, rendendo non più necessaria una simile iniziativa. Dobbiamo purtroppo constatare, salvo meritorie eccezioni, che così non è stato e, in un periodo in cui l’omofobia nelle sue manifestazioni peggiori sembra venir legittimata, siamo dunque qui, grazie al fondamentale supporto dell’8xmille della Chiesa Valdese, a ribadire la nostra presenza e i nostri diritti attraverso la voce del teatro. Quest’anno il programma alterna allo sguardo sul presente quello sul recente passato. Se l’omosessualità nel calcio è ancora un tabù, a infrangerlo ci prova Benedetto Sicca, autore e regista di Pochos che prende il nome dalla squadra napoletana di calciatori gay; sempre di Napoli sono i due fratelli che negli anni settanta si confrontano in un clima di violenza e sopraffazione in 12 Baci sulla bocca di Mario Gelardi. Vittima della persecuzione franchista, il ballerino Miguel de Molina, legato a Federico Garcia Lorca, ripara in Argentina con l’aiuto di Evita Peron: lo incontriamo in Tangeri di Silvano Spada. Due donne innamorate approdano in luogo sconosciuto e s’interrogano sul loro futuro in Ci vediamo all’alba di Zinnie Harris. Se infine molte sono le preoccupazioni che ci attanagliano, a stemperarle con il sorriso ci pensa la graffiante ironia di Alessandro Fullin in Fullin legge Fullin.
Mario Cervio Gualersi
Direzione artistica del Festival lecite/visioni
PROGRAMMA
mercoledì 27 novembre, ore 21:00
FULLIN LEGGE FULLIN
Spettacolo leggermente autoreferenziale
Testi di Alessandro Fullin e Mario Angioni
Regia e interprete Alessandro Fullin
produzione Musa Srls
Alessandro Fullin si racconta attraverso l’attività che più ama: scrivere. Dalla lista della spesa agli spensierati aforismi, dalle lettere d’amore alle mail mai inviate, il ritratto di un uomo che molti percepiscono come un comico non vedendolo per quello che realmente è: una missionaria. Alternando momenti di assoluta comicità ad altri di tristezza fulminante, Fullin si dimostra imprevedibile almeno quanto i tweet che ogni giorno, alle 9.00 a.m., lancia ai suoi followers. Solo sul palco, per 60 minuti, Fullin legge se stesso per tentare di trovare un filo logico in una vita che ha fatto il possibile per essere un gomitolo che anche Arianna avrebbe difficoltà nel dipanare. Fullin si è confermato quell’irresistibile mattatore che è effettivamente. Il tema della serata, che egli stesso ama definire autoreferenziale, Fullin legge Fullin, è la propria diversità che viene messa a nudo senza pietà in ogni piccolo particolare fin dall’infanzia. […] Eccezionale è poi in Fullin la mancanza totale di qualsivoglia volgarità e la capacità di guardarsi dentro con assoluta sincerità, smascherando tutti quei tabù che sono così spesso ancora presenti un po’ dovunque.
(dalla recensione di Umberto Fornasier)
giovedì 28 novembre, ore 21:00
POCHOS
PRIMA NAZIONALE
scritto e diretto da Benedetto Sicca
con Francesco Aricò, Emanuele D’Errico, Dario Rea, Francesco Roccasecca, Eduardo Scarpetta
produzione Tradizione e Turismo – Centro di Produzione Teatrale
Sette anni fa, un giovane napoletano omosessuale lanciò un post su una chat di appuntamenti gay con l’ invito a giocare una partita di calcetto. Arrivarono le prime adesioni e nel giro di qualche settimana “la partitella” diventò una consuetudine, tanto che i ragazzi decisero di costituirsi in una vera e propria squadra col nome “Pochos” – scugnizzi in spagnolo – in onore del nomignolo del calciatore Lavezzi. Durante una serata di presentazione a cui inaspettatamente si presentò la stampa, i giovani calciatori si videro costretti ad affrontare pubblicamente il tema della propria omosessualità… iniziò così la “grande notte dei Pochos” in cui ciascuno di loro si trovò a fare i conti con le proprie paure. Per molti di loro quella notte iniziò un percorso di liberazione. Uno spettacolo sulle nostre abitudini sessuali, sui nostri desideri e sull’amore per il calcio, nel quale il pubblico è invitato a fare un’allegra riflessione sulla propria sessualità e su quanto i desideri possano trasformarsi in fonte di liberazione. Abbiamo deciso di parlare di amore, amicizia, sport e coraggio di cambiare e di farlo attraverso i linguaggi del teatro contemporaneo. Ci siamo confrontati a viso scoperto sulle nostre esperienze e sulle nostre domande; abbiamo deciso di farlo giocando a pallone e parlando la nostra lingua – il napoletano – e di utilizzarla per cercare di capire che cosa ci possa mai essere di male nel fatto di essere tutti tanto simili, ma allo stesso tanto diversi. A partire dalla diversità di ciascuno di noi ci interroghiamo sul perché il calcio (e lo sport in generale) siano luoghi in cui gli stereotipi di genere diventano ancora più accentuati che in altri contesti sociali e professionali. E sul perché proprio dal calcio e dallo spirito di squadra potrebbe iniziare il cambiamento. Ma per fare questo dobbiamo ottenere il primo coming out della serie A…
Dopo lo spettacolo, incontro di approfondimento. Intervengono:
Ivano Cipollari, calciatore nella squadra Outsiders di Milano
Rosario Coco, autore del libro Storie fuorigioco – Omosessualità e altri tabù nel calcio, responsabile culturale EuroGames 2019 e calciatore nella squadra Lupi di Roma
Francesca Muzzi, giornalista e autrice del libro Giochiamo anche noi – L’Italia del calcio gay
Prof. Antonio Pizzo, Discipline dello spettacolo Università di Torino
Benedetto Sicca, autore e regista di Pochos
venerdì 29 novembre, ore 21:00
12 BACI SULLA BOCCA
di Mario Gelardi
uno spettacolo della Compagnia Nest
con Francesco Di Leva, Ivan Castiglione, Andrea Vellotti
luci Ettore Nigro
scene Roberta Mattera
costumi Giovanna Napolitano
regia Giuseppe Miale di Mauro
produzione NEST NAPOLI EST TEATRO
PRIMA MILANESE
Napoli, anni ‘70. La provincia soffocante e a volte disorientante napoletana. Il conflitto politico e sociale che divide il paese sembra lontano da queste terre. In questo ambito nasce “12 baci sulla bocca” che racconta l’incontro-scontro tra Emilio, lavapiatti dai modi e dal linguaggio diretto e Massimo, fratello “ripulito” del proprietario di un ristorante. Massimo si sta per sposare con l’unica donna che ha avuto nella sua vita, è a quel punto della vita in cui o ti lasci o ti sposi, Massimo si sposa. Emilio è giovane ed è ricchione, perché era l’unico termine usato a Napoli per identificare un omosessuale. Emilio riesce a scardinare l’omosessualità assopita malamente da Massimo; i loro incontri sono violenti al limite dello scontro fisico. I due ragazzi si nascondono, ma quel rapporto così controverso, rappresenta forse, l’unico momento di vero sentimento nella loro vita. Raccontare oggi una storia di omofobia sembra “eccessivamente” attuale. Sembra di cavalcare l’onda delle continue notizie di cronaca che riempiono le pagine dei giornali con atti di violenza inaudita. Ma da dove arriva tutto questo odio? Si è pensato di ambientare questa storia negli anni Settanta, non per dare una risposta, ma per formare domande, perché solo guardando al passato possiamo capire le falle del nostro presente. Gli anni Settanta ci hanno dato la possibilità di costruire un tessuto emotivo ancora più claustrofobico. La storia si svolge coprendo l’arco tra due tragedie nazionali: la strage di Piazza della Loggia e la tragica morte di Pier Paolo Pasolini, evocate entrambe nello spettacolo e simbolo di anni devastanti dal punto di vista sociale e politico. E l’abbiamo fatto provando a raccontare una storia d’amore, semplice ed emozionante come ogni storia d’amore è. Emilio e Massimo sono il simbolo di una libertà che negli anni Settanta era pura utopia, e oggi è finta democrazia. Un piccolo melodramma sudato, che ha l’eco della musica popolare degli anni Settanta, che vive di squarci di luce, sul nero dei giorni e di quelle vite.
sabato 30 novembre, ore 21:00
CI VEDIAMO ALL’ALBA
di Zinnie Harris
traduzione a cura di Monica Capuani
con Francesca Ciocchetti e Sara Putignano
regia Silvio Peroni
produzione KHORA.TEATRO & COMPAGNIA MAURI STURNO
PRIMA MILANESE
Due donne (Robyn e Hellen) si trovano su una spiaggia lontana dopo un violento incidente in barca. Stordite dall’accaduto, cercano un percorso verso casa. La terra sconosciuta nella quale sono giunte non è ciò che sembra e pur restando insieme sono distanti l’una dall’altra più che mai. Sembrano una coppia felice di essere sopravvissuta, tante sono le domande: dove sono? Perché non possono tornare a casa? Perché Robyn è ossessionata da immagini di un’altra versione più terribile della realtà? Tutto ciò è misterioso; forse non del tutto per coloro che hanno vissuto nella loro vita dolori e feroci fantasie. Il testo di Zinnie Harris, ispirato, in parte, alla leggenda di Orfeo ed Euridice nell’antica ricerca del partner perduto, affronta i temi che toccano di più l’animo umano: paura, desolazione, amore. Incredibilmente onesto e lirico, “Ci vediamo all’alba” è una favola moderna che esplora il trionfo dell’amore, il mistero del dolore e la tentazione di perdersi in un futuro fantastico che non verrà mai. Silvio Peroni, già presente in passato al Festival lecite/visioni, torna con uno spettacolo nel suo stile: delicato, appassionato, avvincente. Un lavoro incentrato sugli attori, sulla capacità di raccontare e sulle relazioni che si dovrebbero stabilire fra autore, attore e spettatore; un triangolo comunicativo che pone l’accento sul messaggio del testo e sulle immagini emotive che le parole del testo ricreano. Il messaggio potrebbe perdere di valore nel momento in cui l’attenzione viene focalizzata sulla spettacolarità della rappresentazione e progressivamente si perderebbe anche l’attitudine nel riflettere sul perché si è scelto di mettere in scena un determinato testo. L’urgenza di comunicare un messaggio viene spesso relegata a una dimensione meramente estetica. Viene meno, dunque, la riflessione che il pubblico dovrebbe fare al termine dello spettacolo, che esuli da una prima analisi tecnica o qualitativa. Il messaggio del testo è quasi sempre più complesso e articolato della visione univoca del regista: sarà lo spettatore, che a seconda della sua provenienza sociale e culturale, percepirà in modo individuale le molteplici sfumature di un testo.
domenica 01 dicembre, ore 18:00
SHALOM
di Laura Fossa
con Gaia Carmagnani, Alberto Mancioppi, Alessandro Savarese, Francesco Sferrazza Papa
testo vincitore della II edizione del Premio Carlo Annoni. Il premio internazionale è riservato a testi teatrali a tematica gay e sulle diversità nella sfera dell’amore. Per la seconda edizione del premio Annoni sono pervenuti in totale 689 testi di cui 149 italiani e 540 in lingua inglese. La maggioranza dei testi in lingua inglese proviene dagli Stati Uniti, poi da Australia, Brasile, Canada, Cina, Finlandia, India, Inghilterra, Irlanda, Scozia, Islanda, Israele, Portogallo, Russia, Turchia, Nigeria. Il grande successo internazionale è un segno della rilevanza culturale che ha acquisito il Premio Annoni già al secondo anno.
Nato in Israele in una famiglia di stretta osservanza religiosa, il giovane Shalom si trasferisce a New York per completare gli studi e iniziare la carriera di avvocato. Qui fa coppia con Jenny, brillante ragazza della ricca borghesia cittadina con la quale sembra sereno e appagato. Lo sarà sino a quando nella sua vita, per un caso del destino, nello studio legale in cui lavora compare Jack, affascinante manager in procinto di divorziare dalla moglie. Tra i due scoppia il classico colpo di fulmine: un amore a prima vista che gli fa presto dimenticare la fidanzata e prendere finalmente coscienza della sua vera sessualità. Il periodo di assoluta felicità grazie all’intesa spirituale e fisica tra i due è però di breve durata. Shalom comincia ad essere tormentato dai sensi di colpa, fagocitati dal padre rabbino che, venuto a conoscenza della relazione, gli intima di troncarla, tornare in Israele, prender moglie e procreare. A sostenerlo moralmente attraverso i suoi scritti postumi è invece il nonno, a sua volta omosessuale e in vita motivo di scandalo per la famiglia. Diviso tra il ricatto paterno e l’immutato amore di Jack che, per scongiurare il suo rientro in patria, gli chiede di sposarlo, quale decisione prenderà infine l’affranto Shalom?
domenica 01 dicembre, ore 21:00
TANGERI
uno spettacolo musicale di Gianni De Feo
testo di Silvano Spada
diretto e interpretato da Gianni De Feo
scenografia Roberto Rinaldi
costumi Gianni Sapone
coreografie Giulia Avino
voce off Irma Ciaramella
si ringrazia Isabel Rosell e Dario Carbonelli
un omaggio a Lindsay Kemp
produzione Florian Metateatro
in collaborazione con Off-Off Theatre
PRIMA MILANESE
Lo spettacolo ideato da Silvano Spada e interpretato da Gianni De Feo è incentrato sulla figura del celebre cantante e ballerino spagnolo Miguel de Molina, nato a Malaga nel 1908 in una poverissima Andalucía. Perseguitato dalla dittatura franchista a causa delle sue idee antifasciste e della dichiarata omosessualità, fugge in Argentina dove, legato in amicizia a Evita Peron, consacra il suo successo. Muore nel 1993 a Buenos Aires, e là è sepolto. Al racconto si intersecano le canzoni spagnole, tra quelle più celebri di Miguel de Molina. Inoltre, la presenza dei temi musicali in evidente contrasto tra loro alternando la chitarra classica al barocco di Vivaldi e al minimalismo di Philip Glass, fa da contrappunto alla storia, restituendo così atmosfere dai differenti colori. Dalla nascita a Malaga e l’infanzia nel lugubre collegio dei preti da dove viene espulso, la vita di Miguel de Molina ci appare coraggiosa e ricca di avventure. Costretto a lottare fin da bambino per guadagnarsi da vivere passando attraverso i più umili lavori, è sempre in fuga verso qualcosa, alla ricerca di un’identità. Riaffiorano dunque i ricordi: l’adolescenza come garzone nella casa della tenutaria Pepa, la fuga da Algeciras sulla nave che lo porta a Tangeri, città mitica, isola di libertà e dissolutezza, dove sarà servitore nel sontuoso palazzo del principe marocchino e poi il ritorno in Spagna, a Siviglia, con i primi turbamenti erotici nel caffè del quartiere arabo. Poi Granada, l’incontro con Federico Garcia Lorca e Manuel de Falla, fino ai primi successi a Barcellona, Valencia, Madrid e l’eccentrica e sregolata vita notturna che precede l’avvento della Guerra Civile. Ed è proprio il ricordo dell’arresto e la fucilazione di Federico Garcia Lorca, rivissuto con estremo dolore, a segnare una forte rottura nella vita di Miguel. Anche lui perseguitato dal regime fascista, picchiato e contestato durante i suoi spettacoli, viene costretto all’esilio a Caceres, il paradiso delle cicogne. E come le cicogne, non smette di aprire le ali, sempre in volo verso la libertà. Nell’azione teatrale, alla figura di Miguel si contrappone quella di David, uno scrittore dei nostri giorni. Anche lui in cerca di una propria identità, in fuga da un mondo nel quale non si riconosce più perché costretto a rivestire il ruolo di un “manichino senz’anima” e al quale si ribella, preparando così la sua fuga verso Tangeri. I due personaggi, inizialmente ben distinti, in un ritmo incalzante, si riconoscono infine, fino a identificarsi l’uno con l’altro e a diventare Uno.