“Giardini delle Esperidi”: a Zagarise un festival di bellezza “civile” nel segno delle identità condivise
La strada che sale per la collina si snoda tra boschi di ulivi secolari. Si intravede pure luccicare, a scaglie, lo Jonio prima che lecci e querce ricoprano ogni cosa col verde scuro del loro fogliame. Il silenzio è assoluto. Zagarise, abbarbicata in cima, non è solo la città dell’olio ma è anche il borgo dei “Giardini delle Esperidi”, il festival che da quattro anni, per opera di Maria Faragò, vivifica un paesino di millecinquecento anime. Il “Giardini delle Esperidi” è un festival “relazionale”, una raccolta, gioiosa e profonda riflessione di una nutrita “comune” di artisti, poeti, performer e… abitanti che si incontrano per scambiarsi esperienze, saperi e storie personali alla luce calda di quei legami che solo quattro giornate vissute pericolosamente accanto all’altro possono sprigionare.
“In questi anni di lavoro “Giardini delle Esperidi” – ci dice la sua direttrice-giardiniera Mara Faragò – ha riscoperto l’identità dei luoghi, quella reale e quella immaginata, li ha scoperti e ‘scoperchiati’, guardati con nuovi occhi, ‘valorizzati’ secondo un approccio sostenibile e di cura responsabile e li ha pure raccontati con linguaggi inediti, giovani, pionieri, contemporanei.” Non senza il supporto di una amministrazione giovane e capace che sta tentando di ridisegnare una comunità, di piantare un seme di bellezza e di riscoperta dei luoghi e delle identità.
E quest’anno il tema portante dei Giardini è stato proprio il racconto della Calabria, del recupero della sua identità, della necessità di rimettersi in cammino non solo verso se stessa, superando gli stereotipi e la folklorizzazione, ma anche verso ciò che è più distante e che pure è parte di una storia più grande. Ecco anche perché i “Giardini” hanno accolto il dibattito sui migranti, analizzato il modello attivato nel distretto della Locride, a Riace e non solo, lì dove si insegna l’umanità e l’integrazione narrate pure in musica dalle note dei canti migranti di Caterina Pontrandolfo e dalle musiche sefardite dello straordinario Duo Ephemeris. La diversità si è coniugata anche al femminile con le letture drammatizzate dalla voce dell’attrice del Festival Imma Guarasci, incentrate sulla figura di “Ildegarda di Bingen”.
Ma i “Giardini delle Esperidi” hanno raccontato pure l’altra Calabria: la regione dei borghi jonici Zagarise, Sersale, Taverna, quella attraversata da “Un demone in bicicletta” di Pierluigi Pedretti filosofo-biker e quella dei luoghi del mito e delle dimore dei draghi dell’archeologo Francesco Cuteri, attraverso i giovani e le loro creazioni – assai significativo lo spettacolo teatrale messo in scena dagli studenti del Liceo Telesio di Cosenza – attraverso l’arte contemporanea (la mostra dedicata a Mimmo Rotella, Angelo Savelli e le installazioni di Ivana Ruffolo sulla Torre Normanna di Zagarise), gli ospiti internazionali (il workshop di poesia della candidata al Premio Nobel per la Letteratura Marcia Theophilo, la poesia performativa servita da Claudia Fabris per i vicoli del borgo, il logos potente e memoriale di Anna Petrungaro e la leggerezza di Caterina Tagliani), i recuperi ecologici, i DJ set di musica elettronica, meditazioni qi-cong, lezioni di foraging, fumetti e cosplayer, con spazi e attività formative riservate interamente alle scuole le installazioni di Angelo Savelli, di Donato “guru” Laborante, Francesca Puk Portone e Ivan Paduano. Insomma, un borgo felicemente sottosopra animato dal “fare” e dal “creare” che ha accolto i laboratori di parole dell’accoglienza con la Casa della Poetessa di Riace, i cosplayer del Lamezia Comics&Co e una mostra di scultura degli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Catanzaro proprio sul sagrato del duomo duecentesco.
E anche in questa edizione il Festival ha immaginato un progetto di restituzione della bellezza affidando ai giovani del Servizio Civile di Zagarise un “attacco poetico” all’Isola Ecologica attraverso un’azione di poesia visiva che ha simbolicamente trasformato il “rifiuto” una “rinascita”. Zagarise dunque allo stesso tempo centro e periferia, luogo delle identità condivise: anche quelle enogastronomiche che grazie all’arte sapiente di Anna Aloi, hanno spaziato dalla Calabria all’Africa. Una Calabria dai mille volti quella dei “Giardini delle Esperidi” capace pure di interrogarsi sui suoi drammi attraverso un testimone d’eccezione, figlio di questa terra: Nicola Gratteri da Gerace. Il Procuratore capo di Catanzaro discute pacato e calmo. Ma le sue parole sono pietre. Aspre e terribili come la ‘ndrangheta che ha scelto di combattere. Sciorina dati, fa riferimento a precise analisi economiche e sociali, coadiuvato dall’antropologo Mauro Minervino sorta di discretissimo genius loci. Gratteri ci racconta di una procura ricostruita e bonificata, di colleghi finalmente motivati. Ci racconta che è per colpa soprattutto delle classi dirigenti, per la sottovalutazione della magistratura, delle forze dell’ordine, degli storici e degli intellettuali che le organizzazioni mafiose in Calabria sono cresciute esponenzialmente. Le sue argomentazioni sono inappuntabili, gettano una luce fosca ma reale. Ma non per questo Gratteri ha rifiutato la possibilità del cambiamento: “dobbiamo fare il nostro dovere, ma il compito di cambiare le regole – quelle grazie alle quali le organizzazioni mafiose potrebbero essere estirpate – tocca solo alla politica.”
Allora, forse, il senso ultimo di questo ostinarsi, di questo rifiorire, di questo felice inseguire l’utopia e la bellezza ce l’ha offerto, l’ultimo giorno del festival, il trekking sul cammino delle Valli Cupe, dove le lezioni di etnobotanica di Carmine Lupia e le musiche di ricerca di Pierluigi Vivarelli frammiste alle percussioni africane di Stiff si sono contaminate con la tragedia cantata e recitata dalla voce straordinaria della Pontrandolfo. E proprio nel luogo più basso ed inquietante di questi “Giardini delle Esperidi”, il poeta Franco Arminio ne ha raccolto la direzione possibile: “essere rivoluzionari significa rallentare, dare valore al silenzio, alla luce, alla fragilità, all’altro”.