L’indagine su Otello continua al Teatro della Pergola di Firenze, da martedì 3 a domenica 8 aprile, con la lettura tutta contemporanea di Elio De Capitani e Lisa Ferlazzo Natoli, che si fonda sulla nuova traduzione di Ferdinando Bruni, sensibile alla bellezza dell’endecasillabo, ma libera da ogni inclinazione letteraria e tanto attenta all’alternanza di lingua alta e bassa da avvicinarsi alla viva fluidità del parlato. E sulla dicotomia di chiari e scuri, che le scene di Carlo Sala moltiplicano attraverso grate, ori e trasparenze di grandi sipari, sottolineati dalle luci e ombre del disegno di Michele Ceglia. E sul sensibile contributo musicale di Silvia Colasanti e del suono di Giuseppe Marzoli. In scena con lo stesso De Capitani (Otello) ci sono Federico Vanni (Jago), Emilia Scarpati Fanetti (Desdemona), Cristina Crippa (Emilia), Angelo Di Genio (Cassio), Alessandro Averone (Roderigo/Buffone), Carolina Cametti (Bianca), Gabriele Calindri (Brabanzio/Graziano), Massimo Somaglino (Doge/Montano), Michele Costabile (Ufficiale/Lodovico). Una produzione Teatro dell’Elfo con il sostegno di Fondazione Cariplo.
Elio De Capitani prosegue il lavoro su Shakespeare e dopo Sogno di una notte di mezza estate, Amleto e il Mercante di Venezia con Otello mette in gioco anche il suo talento d’attore firmando la regia a quattro mani con Lisa Ferlazzo Natoli con cui ha condiviso l’idea di portare in primo piano il nodo indissolubile tra l’io e l’altro, tra il simile e il dissimile. Questo testo, perturbante come un racconto di suspense, è una tragedia della gelosia e del sesso, dei rapporti interrazziali e culturali, del dubbio e della potenza manipolatoria delle parole, che danno fondamento e giustificazione alla propria xenofobia, misoginia e alle tante forme d’intolleranza sociale e privata di cui si compone la società, ieri come oggi.
Un lavoro incalzante e senza respiro intorno a una creatura innocente irretita e spinta a una morte atroce in una camera in fondo a una fortezza; un fatto di cronaca nera che Shakespeare circonfonde di tutta la sua ricchezza verbale e la sottigliezza concettuale. Jago è certo un manipolatore, un ‘untore ideologico’, ma in questo nuovo Otello nessuno sembra immune dal suo contagio e da quello di tutti i pregiudizi che condizionano le nostre vite. Fino a che, nel precipizio del dramma, sul corpo senza vita di Desdemona, Emilia farà una formidabile ‘uscita dal copione’ di Jago, svelandone pubblicamente la macchina di odio, gelosia e menzogne.
Intervista a ELIO DE CAPITANI
di Angela Consagra
Chi è per Lei Otello? E quali sono state le maggiori difficoltà legate all’interpretazione di un personaggio così complesso?
Il mio approccio al personaggio è stato tormentatissimo, ad un certo punto durante le prove non riuscivo neanche più a parlare per arrivare ad una possibile interpretazione… Otello è un testo che contiene in sé molti strati di lettura, anche se sicuramente il punto chiave dell’intera narrazione risiede nel rapporto che Otello ha con lo Stato di Venezia, vissuto come un grande generale capace di salvare ripetutamente la Repubblica. Otello rimane uno straniero, ma non si possono dimenticare le sue prodezze in campo militare: forse è anche per questa ragione che la lettura più difficile rispetto al personaggio proviene dal suo rapporto con Jago. In genere Jago viene sempre dipinto come una figura demoniaca, quindi sulla scena gli attori che lo interpretano sono tradizionalmente segaligni e richiamano la figura del cattivo già dal fisico. Invece io credo che, per costruire i personaggi di Shakespeare, conti molto la descrizione che gli altri fanno del personaggio in questione: per esempio, nello specifico di Jago nel testo chiaramente si evince che tutti si fidano di lui e dunque si tratta di una persona che inequivocabilmente ispira fiducia. Per mettere in scena il rapporto che Jago stesso sviluppa con Otello, ho voluto uno Jago che fosse completamente al di fuori della tradizione e quindi una persona già rassicurante proprio fisicamente. Per anni, come Teatro dell’Elfo, in tournée con Morte di un commesso viaggiatore abbiamo avuto Federico Vanni, un attore talmente rassicurante e oggi, con questa nostra versione di Otello, è come se ci fossimo ritrovati: Willy e Charlie di Morte di un commesso viaggiatore che si abbracciavano in una scena memorabile poco prima del suicidio di Willy, interpretati appunto da me e da Federico Vanni, sono diventati Otello e Jago. Jago è per tutti una persona che apparentemente esprime un’estrema fiducia, ma dentro se stesso cova un animo così nero e invidioso… Jago è perfido ed è capace di declinare il male, quindi la sua figura ed il suo comportamento ci riportano ad un discorso legato alla nostra società contemporanea. La realtà che ci circonda è abitata da un veleno sociale che si annida nelle nostre strade, nei nostri bar, nei nostri mezzi di traporto e nei nostri luoghi di lavoro: in tutti quei posti dove le persone appaiono normali, ma che invece conservano dei demoni interni impressionanti. Già a proposito di Morte di un commesso viaggiatore tutti mi chiedevano perché avessi deciso di metterlo in scena e all’epoca ricordo che mi fece molto piacere la recensione di Curzio Maltese in cui si diceva che “siamo tutti commessi viaggiatori”, indicando la condizione dei cittadini europei costretti alla fine a vendersi dibattendosi nei problemi economici. Allo stesso modo il mondo che abita Otello, la sua diversità emancipata attraverso il successo personale, precipita attraverso l’ipocrisia e l’invidia sociale di un bianco, Jago, ai danni del nero, il Moro Otello, e delle donne.
Il fatto di essere considerato come un ‘diverso’, uno straniero dalla pelle scura in una Repubblica governata dai bianchi, condiziona in qualche modo il modo di agire di Otello?
La storia di Shakespeare ci mette di fronte all’assoluta trasparenza del personaggio di Otello: una persona che si potrebbe definire molto solida perché ha avuto un successo professionale, anche se attraverso le guerre che fanno dell’ambizione e della violenza una virtù. Inoltre Otello è abile nell’arte del racconto: è grazie alle parole, infatti, e alla descrizione della sua vita che ha conquistato Desdemona. Lei giura di aver ascoltato una storia strana, ma addirittura dice che sogna di essere come Otello: il suo passato è terribile, però anche così avventuroso… La rete di Jago cala su un persona che ha successo, con un solo punto debole che si manifesta con la non appartenenza di Otello alla patria di riferimento. Ciò gli ricorda di continuo la sua diversità e Jago agisce molto sottilmente proprio su questo punto. Il risultato è sorprendente: un uomo come Otello, che per natura dovrebbe essere diffidente perché abituato alla guerra e quindi incline ad intuire trabocchetti o a giudicare le persone che si trova davanti, preferisce accettare di sospettare di Desdemona piuttosto che non credere a Jago. Questo è un veleno che trasformerà Otello in un mostro perché lo condurrà all’azione delittuosa. La misoginia di Jago è un fattore molto importante che fa breccia nell’esistenza assolutamente vitale di Otello. Desdemona lo ha sposato con un gesto di ribellione nei confronti della società e della famiglia: Otello è un nero, non aristocratico. Invece di farsi forza con la scelta compiuta da Desdemona, Otello si crogiola nell’incertezza di sé e nei dubbi perché soffre la propria identità. Otello ci ricorda che, oggi come ai tempi di Shakespeare, il veleno sociale del razzismo, della sessuofobia, del puritanesimo e della misoginia ci riguardano profondamente. Da sempre il Teatro dell’Elfo – di cui sono uno dei fondatori – ha considerato il teatro come l’arte dell’incontro e il primo incontro che si fa è con l’autore e il testo rappresentato. Tra il palcoscenico ed il pubblico in sala si crea un corto circuito esistenziale ed emotivo a cui nessun teatrante può sottrarsi. Affrontare un autore come Shakespeare è un compito fondamentale per noi.
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3 – 8 aprile | Teatro della Pergola
(ore 20:45, domenica ore 15:45)
Teatro dell’Elfo
con il sostegno di Fondazione Cariplo
Elio De Capitani, Federico Vanni
OTELLO
di William Shakespeare
traduzione Ferdinando Bruni
con Emilia Scarpati Fanetti, Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Alessandro Averone, Carolina Cametti, Gabriele Calindri, Massimo Somaglino, Michele Costabile
scene e costumi Carlo Sala
assistente scene e costumi Roberta Monopoli
musiche originali Silvia Colasanti
luci Michele Ceglia
suono Giuseppe Marzoli
regia Elio De Capitani e Lisa Ferlazzo Natoli
Durata: 3h e 15’, intervallo compreso